CERCHIO DI MELODIE
Il giorno 8 maggio alle ore 18

presso la Galleria"Il Gabbiano" di Maria Nicosia
Corso Cavour 119 Messina

Piera Mattei,
redattrice della rivista "Pagine"
introdurrà lo spettacolo
" CERCHIO DI MELODIE "
poesie di Lucio Piccolo
interpretate da Pino Censi
con Katia Pesti al pianoforte e
Giancarlo Parisi ai fiati.

Lo spettacolo si terrà il giorno successivo
9 maggio alle ore 18
presso l'Auditorium "Annibale e Maria di Francia"
per la stagione della Filarmonica Laudano di Messina

Il ritmico basculare del giorno e della notte nella poesia di Lucio Piccolo


di Piera Mattei


Il ritmo che raddoppia, si spezza, incide e ritaglia, torna ad allungarsi. Liquida e sospesa, una particolare musicalità alimenta nella poesia di Lucio Piccolo lo status di caso letterario che ebbe al suo rivelarsi, ora sono cinquant'anni. Un lessico denso, incastonato di termini rari che indicano, quanto non potrebbe dirsi altrimenti, con nomi e aggettivi dall'apparenza decorativa, evocatrice. Come l'espressione "acqua inesplicabile" (in "La meridiana", il secondo dei Canti Barocchi), che esatto anche dal punto di vista della scienza, apre una fantasmagoria di eventi e fatti dell'acqua nella sua essenzialità. Inno alla solarità, ma soprattutto alla liquidità pura che di scoglio in gora, nella luce celebra il suo trionfo. La musicalità segue un movimento reale, di valenza fisica, naturale, senza rapporto con la velocità, anzi quasi all'opposto di quella velocità che è carattere universale e distintivo del moderno.
Siamo qui nel movimento instancabile di un paesaggio immobile: acqua di un fiume, di familiari fontane che disegnano architetture, nel paesaggio di una Sicilia dove piante rampicanti e tronchi, in gara con archi e guglie, si slanciano e si attorcono, sotto l'imperio del sole: "e la loggia, la cupola, la cuspide che vuole salire più in alto, sono immerse nel vento del sole".
Un prezioso film girato da V. Ronsisvalle per la televisione nel 1967, dopo la testimonianza di Montale mostra il poeta a Villa Vina a Capo d'Orlando, dove si era trasferito agli inizi degli anni trenta, già non più giovanissimo, con la madre, il fratello e la sorella (entrambi maggiori di lui), e dove tutti loro vissero fino al compimento dei loro giorni. La villa domina il paesaggio marino dal promontorio immerso tra boschi e piante rare (passione e orgoglio della sorella). Nel documento compare anche il fratello Casimiro, che racconta con grande candore le sue esperienze di fenomeni parapsicologici, le visioni e gli incontri. Un mondo, si direbbe, trattenuto non solo aldiquà della velocità, ma decisamente fuori dal mondo, in colloquio solo interno. Non erano mancati negli anni precedenti i dialoghi-sfida col cugino Tomasi di Lampedusa e gli incontri con i poeti, non con i poeti italiani, ma con autori stranieri soprattutto dell'area anglofona, in particolare con Yeats. Preziose letture, frequentazioni internazionali, e tuttavia nella poesia di Lucio Piccolo vibra soprattutto la solitudine assolata del grande parco e si presentano nel ruolo di protagoniste le passioni e le manie dei tre fratelli, chiusi a cerchio contro la pericolosità del mondo esterno. Almeno fino a quello strano, assai noto evento: nel 1954 l'invio di nove liriche a Montale che decide di presentare l'esordiente poeta al meeting letterario di San Pellegrino Terme.

Quasi seguendo lo schema di una laude laica o in conformità con una greca filosofia degli elementi, dopo l'acqua, il terzo dei Canti Barocchi, canta l'aria, il vento impetuoso e snervante. "Scirocco", perfetto spartito musicale con un finale prezioso ("d'ogni lato sale la notte calda in agguato") prosegue nell'incipit del canto seguente ("La Notte") come continuando il filo di un discorso che senza pentirsi dice e si contraddice: "La notte si fa dolce talvolta, / se dalla cerchia oscura / dei monti non leva alito di frescura".
Nella notte s'affollano le convocate ombre della casa, creature trasparenti, fragili ("sguardo che muove le prende, / sguardo che ferma le annulla"), tornate a chiedere amore, perché il loro Tempo non le ha saziate: "è bocca d'aria che cerca, bacio, ira" . . .
Creature d'aria sempre presenti abitano quello spazio, anche di giorno, dentro e fuori. E' il "Gioco a nascondere", titolo di un poemetto, pubblicato nel 1960, che racchiude l'identità più originale di Lucio Piccolo. Un gioco che si svolge dentro la casa, per le scale, nei corridoi, e nella natura selvaggia e addomesticatissima, ai confini tra cultura e isolamento arcaico.
Certi echi dannunziani che pareva risuonassero all'apertura del primo canto barocco ("Oratorio di Valverde"), per esempio nella forma dell'imperativo e nel tu rivolto a un'entità mitologica ("Ferma il volo Aurora opulenta"), qui si sono allontanati. Un tono più discorsivo, dove ironia e ossessione s'incontrano accompagna l'inseguimento stralunato e fermo, movimento sicuro e lento, ritmo del cuore che sale e scende: "una misura flessibile e forte / veloce e cauta ci ha preso, ci porta / (. . . ) ".
Alla Bilancia, già presente in "Meridiana" ("e s'uno scende l'altro sale, / -armonica d'oro- / la Bilancia appena oscilla / quasi uguale") non si addice più quel tipo d'incisa in ogni senso preziosa. E' divenuta identificazione perfettamente naturale del salire e scendere commisurato ai luoghi, alla struttura architettonica, movimento riflessivo e lento che ascolta il quotidiano ritmo spaziale: "Oscillare / elastico tra due piatti / di bilancia, uno verso le radici / del buio: le cantine, l'altro / in alto, in alto, dietro / la finestra che dà / sui tetti. . . ". Lo sguardo e l'udito sono all'erta, quindi l'architettura si muove, si anima, in maniera anche plausibile emette suoni: "Scala a vite che sali / sali e spiri / come un fischio / in esili giri di correnti / d'aria. . . " La volontà di dire rende vigili, acuti e ancora si prova il faccia a faccia con i concetti incommensurabili della fisica: " ed ora alla ricerca / d'un punto ove lo spazio s'aggomitoli", tentativo che subito s'infrange in un fulmineo crollo, un afflosciarsi ingombrante e polveroso "in pieghe di tendaggi / privi d'osso e di contorni".
Il tema delle "apparenze" quotidiane, delle azioni e delle richieste, delle sfide degli spiriti, è tema che torna in molteplici variazioni. E dubitare rende solo più spaventevole il dato di fatto: "certo non saranno che fole, / ma è vero che per tre volte / t'hanno soffiato sul lume al passare." La moltitudine che tiene desto il gioco, che abita la notte, al di là dei dettagli - un ventaglio di piume, un guanto - ha un nome che di tutti definisce l'essenza: sono i morti. La poesia li rende creature attive dell'etere e dell'invisibile, intense, vibranti, mobili e innocenti, come l'acqua, il vento, le piante.

Poesia preziosa, isolata. Poesia magica.
Ci incontriamo, chi scrive e l'ossessionato amante di questa poesia Pino Censi, alla presentazione di un libro che niente ha a che vedere con Piccolo e, su un accenno, una frase del mio interlocutore mi ritrovo a parlare con lui sottovoce ma fitto fitto di Piccolo, della sua originalità, e poi dell'interpretazione che lui, Pino Censi, ha sentito la necessità di darne. Uno spettacolo in cui la voce entra in dialogo con due strumenti: il piano di Katia Pesti e i fiati di Giancarlo Parisi. Non una recita con musica, ma la sfida a evidenziare, nel vivo suono, nella parola pronunciata dal vivo, tutte le presenze e forse anche le "apparenze" di quella poesia. La prossima occasione di ascoltarlo sarà, mi fa sapere, addirittura a Capo d'Orlando, a Villa Piccolo, lì dove la poesia è nata.
Poi, per un contrattempo, non posso essere in Sicilia e allora Pino viene a casa mia, mi mostra il filmato che non conoscevo e mi presenta la registrazione dello spettacolo.
Ascolto la voce di Pino Censi, in questa interpretazione insieme colta e innocente, generosa e segreta, appunto come la poesia di Piccolo. Rivive quella remota realtà, come per una misteriosa chiamata si fa adatta a darle una diversa attuale vita. Muove la magica Bilancia tra forza e interno tremore - luce e tenebre - in adeguata amante consonanza col testo.