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Mia Lecomte su La Materia Invisibile di Piera Mattei Recensione apparsa in
Semicerchio 2007 |
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Di che materia si compone la musica, recita il titolo dell’illustrazione sulla copertina della silloge della Mattei, opera pittorica della stessa autrice, il medesimo della poesia simmetricamente a chiusura del volume; La materia invisibile, recita il titolo del volume, sotto l’illustrazione. La materia di cui si compone la musica, dunque, è materia invisibile, più di ogni altra invisibile, capace più di ogni altra di “trapassare i nostri solidi corpi”. Ma anche le parole sono composte di materia invisibile, “le parole sono esse stesse Materia Invisibile”. Musica e parole sono anche gli strumenti con cui mettere in atto ogni sperimentazione scientifica sulla realtà, per la loro intima con-sostanzialità gli unici in grado di penetrare con garbo e lucidità, precisione e leggerezza, nel vivo di tutte le qualità che non cadono sotto i nostri occhi, nel cuore della loro ambivalenza provocatoria. Perché materia invisibile è “l’anima inseparabile delle cose”.
Le sezioni della raccolta, ordinate cronologicamente al contrario all’interno di una più vasta scansione in due parti, si aprono con Gli angeli dell’insonnia. “Materia Invisibile – precisa la Mattei nella sua Nota conclusiva – non è la materia di cui si compongono i sogni, che sono le visioni del sonnoÖ”. È dunque la realtà vigile dell’insonnia, notturna e diurna, lo spazio in cui credere nella materia invisibile, riconoscerla, accompagnarla e rinnovarla, mettere ordine “in sordina”, evitando lo specchio “ perché lo sa di notte è invisibile”, affidarsi con esattezza alle parole e alla musica: “Al buio ancora non l’ha colta il sonno / insiste la memoria e canta / a piccoli sospiri con frequenti / a capo e cantilena della terza rima // s’interrompe con i ricordi / suoi e di altri e gli strumenti / quasi immobili di un basso continuo / si scambiano alla cieca gli spartiti / dentro la galleria a una sola rotaia / e le dilatano con racconti a voce / sua e di altriÖ”. Ancora nella sezione successiva, Lungo una sola direzione, l’invisibilità è restituita da un lavoro di spola di musica e parole, che rincorrendosi restituiscono la tramatura originale della materia di cui esse stesse sono parte, in un disvelamento progressivo da cui è impossibile fare ritorno – “non torno indietro” – lungo gli argini di un fiume a una sola direzione, da cui solo i gabbiani si liberano con un volo d’ali “con netta scansione temporale”, un grido; il fiume invernale della bambina con l’abitino di cotone, che “con uno stecco appena colto / una a una cancella / le impronte dei suoi passi”. Nell’ultima sezione della prima parte, Epigrammi lirici. Le parole, la Mattei passa al setaccio le parole, per isolare quelle dalla materia intrinseca – “Öe passarono notti a spillarle / dentro teche di collezionisti ” –, disinnescare quelle eccessive, prepotenti, per poi riporre le altre “in comparti diversi”, verbi, aggettivi, preposizioni e “Öi nomi, ben lucidati, risplendenti / ma silenziosi, innocui”, fino a ridurre tutto all’essenza, all’unicità dell’invisibile: “ Tutta la vita / un francescano esercizio / una litania profetica / pomeriggi interi di prove / e pronunciare infine / nella giusta misura / quella sola parola / l’ultima.” La seconda parte della raccolta, nelle sezioni Meteo, La lettura dei giornali, Migrazione solitaria, Uccellina e Profili celesti, anche nei titoli è dominata da voli. Voli di uccelli che ci prolungano in una felicità sospesa, spalancati su una Roma verde nell’inverno (Siamo noi quell’uccello), voli di stelle e pianeti:”Öpietre obbedienti all’onesta forza / che un’equazione sospendeÖ”; e piccoli voli di creatura terrestre, gallina monca, rasoterra e a ritroso, “eliminando – uno alla volta –i sensi“, prudentemente consapevoli dell’azzardo e della vertigine, anelanti alla stabilità delle querce, a vivere strettamente legati ad altri “più pesanti oggetti / a corpi dotati / di radici, a pietrosi / immobili concetti”. La materia che compone la musica della poesia finale è una sintesi della riformulazione dei corpi, e insieme il suo presupposto, avvio e conclusione del passaggio invisibile: nuvole, canti alati, dalle penne robuste, ma “quietamente spiegate / navigano alla voce del soprano // sovrana assorta / senza strumenti se non l’aria / nella gola, nel docile palato”. Mia Lecomte |
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