Vincenzo Anania su La Materia invisibile
Vincezo Anania su La Materia invisibile di Piera Mattei

Intervento critico
sulla rivista di Poesia internazionale

Pagine

Piera Mattei
– La materia invisibile –
Manni 2006

incontri e scontri con la materia invisibile

Una tesi fa da sfondo a questa vicenda poetica, una tesi di carattere filosofico che già nel titolo si manifesta, e viene esplicitata in una nota dell'autrice. E cioè: oltre alla materia percepibile dai nostri sensi, esiste, anche in essa, materia invisibile, che si configura in forme di realtà di cui scopriamo indizi dovunque. La Mattei la definisce anima inseparabile dalle cose, spiritualità inconoscibile, ma insiste nel sottolineare la sua consistenza materica. Che può essere conosciuta soltanto con tipi di ossevazione diversa dalla comune, usando mezzi e procedimenti d'indagine quali la speculazione scientifica, la poesia, l'attività artistica in generale. Strumenti di ricerca e prodotti che pure appartengono alla sfera della materia in quanto ineriscono a funzioni del corpo umano. Materia invisibile, dunque, sono anche la memoria, i ricordi, l'eredità biologica di ciascuno, il senso della bellezza e la bellezza stessa nelle sue varie espressioni.
Queste celate essenze non sono da noi solo cercate ed esplorate; spesso si presentano in folgorazioni non richieste e impreviste; e talvolta ci spaventano, ci angosciano, ci tramortiscono, anche approfittando di nostre condizioni di fragilità. Come può accadere nel buio, nell'inquietudine dell'insonnia, o quando il corpo non si sente radicato alla Terra e sembra perdere il senso di gravità.
La splendida poesia d'apertura, nella sezione Gli angeli dell'insonnia, è proprio il resoconto profondamente coinvolgente, dell'aggressione che, nel corso di una notte insonne, l'autrice subisce da parte di forme di materia invisibile, ricordi / suoi e di altri, fantasmi che la invadono approfittando del varco aperto nella mente, dalla memoria di un canto a piccoli sospiri con frequenti / a capo e cantilena della terza rima, e poi dagli stumenti di un basso continuo / che si scambiano alla cieca gli spartiti / dentro le gallerie a una sola rotaia / e le dilatano con i racconti a voce sua e di altri. Invano lei cerca di resistere, i ricordi la penetrano e ha paura, cerca di placarli con un Io pure morirò, di blandirli con la poetica visione di un destino che li accomuna: Trapassiamo da una / forma in altra tutti evaporiamo, /... e ci addensiamo in nuvole inquiete di cui si ammala il mondo. Ma non può opporre l'amore, mai trova le parole, né la forza del desiderio che pure rievoca nell'immagine di una spalla sporgente dalla camicetta, dove si impresse un bacio. Cerca di distogliersi dai ricordi vagando nella casa con gesti superflui, e trova silenziosa complicità nella visibile, vivente materia dell'amato gatto che fissa i fantasmi densi / come pulviscolo nello spazio insonne / infine uno scelto a caso con vellutate/ patte lo affera e nel silenzio lo divora.
Dei rischi connessi agli incontri e scontri con la materia invisibile, e della consapevolezza che, per evitare di esserne, anche gravemente, ferita occorre aggrapparsi alla solidità e fermezza della materia visibile, in particolare nelle sue forme vitali, questo libro dice in più testi.
In modo esplicito, in un'altra bellissima poesia, Vertigini (pag.99), al fisico tremore che la prende sporgendosi dalla rotondità della terra, davanti allo spazio vuoto chiede di vivere strettamente / legata ad altri / più pesanti oggetti / a corpi dotati / di radici, a pietrosi / immobili concetti, e lo chiede per favore e per amore, con la grazia di donna che, consapevole della propria fragilità, confida nella forza di un'invocazione così teneramente formulata.
Nella poesia Le Ombre (pag. 98), dopo aver trovato nell'ombra della Terra sulla Luna, la conferma della verità / incorporea dell'ombra se ne inventa una a capriccio, ma per meglio osservare i giochi di luce sul crespo dell'acqua che dotano il golfo di spendore mite. E nel prato dove è immersa nella contemplazione del cielo stellato (Movimenti pag. 91) quando con un sussulto avverte sotto la sedia a sdraio il senso di rotazione della Terra, ancora una volta è rassicurata dal gatto Merlino che nei pressi si ciba d'erbette, preso / dal brulichio di quella salda Terra, senza conoscere le vertigini / del vuoto e del moto.
Similmente l'anima, materia invisibile per eccellenza (pag. 20) che nel buio della notte cade a terra fino all'alba / ... sfinita / arresa e presa - cervello / vasi sanguigni e le corde dei nervi, risorge con il giorno : era lei stessa lo spazio / era il respiro e il battito / era il vento soave che usciva / dalla gola si arrestava / formava note perfette in aria. Cioè: l'anima si è fatta musica, da materia invisibile è migrata in altra materia invisibile, ma attraverso il corpo.
La musica è elemento fondamentale dell'universo della Mattei, e quindi della sua poetica. Con la musica, nella forma del canto reiterato della memoria, inizia la poesia d'apertura; ancora il canto, si è appena detto, si fa voce dell'anima con il crescere del giorno; canto si intuisce nella fraterna serale gabbianità in Quesito agli argini(pag. 27); musica è il suono di ciò che, contemplando le stelle, ruota sopra il capo / a noi genere umano (pag. 39). E con la musica si chiude il libro, nella poesia dedicata al musicista Francesco Pennisi, musica che viene identificata nell'arpista sola sul palco, nell'acqua in cui nuotano i cigni, ai quali è dedicata la composizione eseguita nel concerto occasione della poesia, e che, in felicissima trasposizione, si risolve nel canto di un soprano, alla cui voce navigano le braccia del direttore, dotate / di penne quietamente spiegate; voce che, questa poesia ribadisce, è aria nella gola, nel docile palato, concretezza materica.
Materia invisibile sono anche le parole – alle quali è dedicata parte della sezione Epigrammi lirici – ma configurate nel cervello, spinte attraverso il cavo orale o tradotte in scrittura. Le parole, materia prima della poesia, che tanta parte della vita della Mattei occupa, e quindi sacrosante, possono anche risultare rischiose, e dunque da ancorare alla concretezza della vita, alla luce. Le raffigura come girini / neonati in una pozza, che si destano ai primi tepori / d' un maggio tardivo (pag. 32); o come una tela / che il prato aveva disteso / per la sua festa ( pag. 31 ); oppure snidate dalla passione, in piena luce rotolano / come lacrime / trasparenti (pag. 33).
Le parole (pag. 68) cadono sui confini invisibili del corpo minuto di una bambina, il cui manifestarsi distoglie da ogni giocosa ammirazione. Una bambina che va rispettata nella perfezione del suo apparire, con il cappellino nuovo / e le scarpette che via / la fanno correre; poesia vivente.
Perché per l'autrice la piena luce della bellezza della vita, nelle forme di bambini o di animali o di alberi o piante o stelle, insieme alla forza dell'amore che per esse nutre, sono i più efficaci antidoti ai fantasmi del passato, al timore della morte e all'orror vacui che a volte l'angustiano. La conferma è in molti altri testi di questo affascinante libro; dalla magnifica Trilogia del fiume (pag.23 - 25), un fiume capace di carezzarsi i lunghi capelli, di sollevarsi le vesti sotto i ponti, mentre su una riva la bambina senza sorriso...sta seppellendo uno a uno / lutti come bulbi nella sabbia, al fedele e saggio gatto Merlino, alla covata dei passeri nascosta tra le foglie ( pag. 56), ai pesci minuscoli che depongono uova nel fiume rugginoso (pag. 57). E anche il nuovissimo albero, che le dice di amare il suo sguardo, porgendole ostie/ agili di neonata materia (pag. 61); e la bianca uccellina in gabbia (pag. 84) , e Cherubino il Rosso, giovane bassotto, che investito da un'automobile davanti al portone di casa, si trasforma in angelo fiammante (pag. 85); e il compatto cedro centenario che, immobile sempreverde... non incanutisce / e non dimentica. Di avvolgere al tronco / ancora un anno (pag. 102).
Fino alla trionfalmente gioiosa esplosione di vita di L'Orologio di Flora (pag.101): in una località collinare, malgrado la siccità che abbatte le erbe e indurisce il suolo del prato, le querce distendono / più dritte le radici, gli insetti... armature / sfoggiano di slpendenti metalli e un baccello ha esploso semi, un grano getta / radici in fuga verticale dalla luce.... un rovo ha allungato l'artiglio, dentro e sopra la terra risuona assordante voglia di vita. E la insonne poetessa non dichiara guerra, ma con forbici cura la forma dei cespugli, segue il ritmo delle corolle, la danza / dei loro colorati grembiali, accordando il gesto a quella voglia di vita.
(Vincenzo Ananìa)


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